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ToggleRomics, che si svolge due volte l’anno alla Fiera di Roma, è diventato un evento di riferimento per gli appassionati di fumetto, animazione, cinema, videogiochi e, naturalmente, cosplay
La 34ª edizione del Romics, in scena dal 3 al 6 aprile 2025, ha occupato oltre 7.000 m² con più di 350 espositori, attirando decine di migliaia di visitatori da tutta Italia. All’interno dei padiglioni, si respirava un’energia unica: corridoi gremiti di stand collezionabili, aree dedicate ai giochi da tavolo e ai retrogame, illustrazioni e fumetti di ogni genere, e un fitto calendario di anteprime e incontri con ospiti nazionali e internazionali del settore.
Il punto forte del festival del Romics
Il punto forte del Romics è, senza dubbio, il Romics Cosplay Award: un concorso spettacolare che premia i migliori costumi singoli, gruppi e performance, incluso un riconoscimento speciale del Giardino Giapponese in collaborazione con l’Istituto di Cultura Giapponese di Roma. Quest’anno, la competizione ha incoronato le eccellenze italiane che voleranno al World Cosplay Summit di Nagoya, proiettando l’Italia nel panorama mondiale del cosplay.
Durante le giornate del festival, ho potuto percepire come Romics non sia solo un mercato di cultura pop ma un vero e proprio crocevia di creatività e comunità. La presenza di aree tematiche – dall’Artist Alley alla Self Area Comics, dai giochi di ruolo al Movie Village – ha offerto stimoli continui, laboratori, masterclass, panel, concerti e sessioni di doppiaggio dal vivo. Senza dimenticare le iniziative speciali dedicate a celebrazioni del calibro dei 45 anni di Gundam, degli 85 anni di Tom & Jerry e anniversari di serie come «Il principe di Bel-Air», che trasformano il Romics in un’occasione di festa, memoria e perenne novità.
Il mondo dei cosplayer: creatività, passione e libertà
Il cosplay è molto più di un travestimento: è un’arte che unisce sartoria, interpretazione e passione. Nato in Giappone, ha conquistato il mondo grazie a una community variegata e inclusiva, dove non contano l’età o il genere, ma solo la voglia di esprimersi. I cosplayer realizzano i propri costumi con tecniche sempre più evolute, spesso imparando da zero a cucire, modellare, truccare. Alcuni trasformano questa passione in un lavoro, tra commissioni e sponsorizzazioni.
Oggi, grazie ai social e agli eventi digitali e in presenza come il Romics, il cosplay è ovunque. Non è raro vedere mash-up originali, dove personaggi di universi diversi si fondono in creazioni uniche. È una forma di libertà creativa che permette di uscire dalla quotidianità e vivere, anche solo per un giorno, nei panni del proprio eroe. E dietro ogni costume c’è una storia che merita di essere raccontata.
Lo strano mondo di Minù: una perla d’altri tempi
“Lo strano mondo di Minù”, conosciuto in Giappone come Spoon Obasan, è un anime delicato e poetico prodotto nei primi anni ’80 dallo Studio Pierrot. La protagonista è la signora Minù Pepperpot, una simpatica donna di mezza età che vive con il marito in un tranquillo villaggio di campagna. La sua vita cambia ogni volta che, grazie a un cucchiaino magico con un campanellino, si rimpicciolisce all’improvviso, acquisendo così la capacità di parlare con gli animali e affrontare le sfide quotidiane da una prospettiva completamente diversa.
Ogni episodio è una piccola lezione di empatia, rispetto e meraviglia, con un tono dolce e riflessivo che ha incantato intere generazioni. In Italia, la serie è arrivata nel 1985 ed è diventata subito iconica anche grazie alla sigla cantata da Cristina D’Avena. Rivedere oggi un cosplay al Romics dedicato a Minù significa riscoprire un angolo tenero e dimenticato della nostra infanzia, dove la magia si nascondeva nelle cose più semplici.
L’incontro con Minù e il suo amato: un omaggio che commuove
Li ho visti a pochi metri da me, tra uno stand e l’altro del Romics. Lei con una camicetta retrò, il grembiule da casalinga, al collo un ciondolo e uno sguardo dolce che sembrava uscito da un’altra epoca. Lui con una salopette e occhiali da vecchio professore di provincia, il baffo curato e quell’aria un po’ goffa ma rassicurante. Tra le mani il gigantesco cucchiaino magico che la faceva rimpicciolire.
Mi sono avvicinato, ho sorriso e ho chiesto se potevo fotografarli per creare il mio ritratto. Mi hanno sorriso di rimando, e in quell’istante, senza bisogno di parole, si sono messi in posa. Era come se stessero aspettando proprio quel momento. Non una posa da star, non un’esibizione: solo loro, fianco a fianco, con la complicità di chi si conosce da una vita. Sembravano davvero Minù e il suo compagno, invecchiati insieme, con l’affetto di una vita vissuta tra avventure e risate.
La fotografia: un racconto silenzioso
Ho scattato la foto con la mia fidata Fuji X-T3, un corpo macchina che amo per la sua capacità di restituire dettagli e profondità senza mai risultare invadente. Il mio obiettivo in quel momento era il Fujifilm XF18-135mm F3.5-5.6R LM OIS WR, che per eventi come il Romics è semplicemente perfetto: versatile, rapido nella messa a fuoco, ottimo nella gestione della luce anche in condizioni non ideali. Le impostazioni che ho usato per questo scatto erano ISO 500, 70mm, 0EV, f/5,3 e un tempo di esposizione di 1/250s.
Ho scelto il bianco e nero in post-produzione perché volevo evocare qualcosa di più profondo della semplice documentazione. Quel bianco e nero rendeva tutto più autentico, senza tempo. I dettagli risaltavano meglio: le rughe gentili sul volto di lei, la texture dei tessuti, la luce che accarezzava i contorni del cuore di metallo e della campanella.
Nella composizione ho scelto di lasciare lo sfondo un po’ caotico, volutamente non sfocato: volevo che si capisse che eravamo al Romics, ma che il soggetto fosse chiaramente loro due. In piedi, fianco a fianco, come se in quel momento il mondo attorno fosse solo una cornice. La gente che passa dietro sembra quasi in un’altra dimensione, come se non potesse toccarli.
Un’emozione da conservare
Non è la foto più colorata che ho scattato al Romics, né la più scenografica. Ma è sicuramente una delle più emozionanti. Perché racconta una storia dentro la storia. Quella di una coppia, forse nella vita come nel cosplay, che ha scelto di indossare i panni di due personaggi che hanno fatto sognare milioni di bambini. Che lo ha fatto con semplicità, con amore, senza fronzoli. E che in quell’istante ha reso omaggio non solo a “Lo strano mondo di Minù”, ma anche al potere eterno della memoria, della fantasia e dell’amore condiviso.
Ecco perché amo il Romics. Perché dietro ogni costume, ogni maschera, ogni accessorio, c’è sempre una storia da raccontare. E spesso, le storie migliori sono quelle che non ti aspetti.