I gatti di Roma: un’anima felina tra le vie di Trastevere

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I gatti di Roma: un’anima felina tra le vie di Trastevere
I gatti di Roma sono i veri protagonisti silenziosi della capitale, presenti tra rovine antiche e vicoli pittoreschi come quelli di Trastevere. In questo articolo ti porto a scoprire le storiche colonie feline e ti racconto l’incontro con uno di loro, immortalato in uno scatto tra luce e poesia.

Se c’è una cosa che amo fare quando esploro Roma, è lasciarmi guidare non tanto dalla mappa, ma dallo sguardo. E spesso, quello sguardo si posa su creature silenziose e affascinanti che da secoli popolano la città: i gatti di Roma. Tra vicoli assolati e antichi muretti, questi piccoli padroni della città eterna vivono indisturbati, accarezzati dal tempo e dai turisti che ne restano incantati. Oggi voglio portarvi con me in uno dei luoghi dove questo incontro è più magico: Trastevere.

Trastevere

Trastevere, il quartiere bohemien dai mille segreti

Passeggiare a Trastevere significa attraversare secoli di storia in pochi passi. Le sue strade acciottolate, i muri scrostati coperti di edera, le trattorie con i tavolini all’aperto e il profumo di carbonara nell’aria creano un’atmosfera che sembra sospesa. Ma c’è un elemento che rende questo quartiere ancora più vivo: la sua fauna urbana nel dettaglio, i gatti di Roma. Qui i gatti sembrano esserne i veri abitanti. Li trovi sonnecchianti su una sedia fuori da un bar, accoccolati sul sellino di una Vespa, o come nel mio caso, regali su una cassetta fuori da un negozio.

Le storiche colonie feline di Roma

Roma è da sempre una città amica dei gatti. Alcune colonie feline sono diventate famose, come quella dei Fori Imperiali o quella dell’Area Sacra di Largo di Torre Argentina, dove i felini vivono tra le rovine e sono accuditi da volontari con dedizione commovente. Questi luoghi non sono solo rifugi per i gatti di Roma: sono veri santuari urbani, dove storia e vita quotidiana si fondono. I romani rispettano profondamente i gatti, li considerano custodi silenziosi della memoria e simboli della libertà.

I gatti di Roma, spiriti liberi e protagonisti discreti

Osservare i gatti di Roma è come guardare un antico romano reincarnato: indipendente, elegante, sornione. Non chiedono attenzione, ma sanno come ottenerla. Sono ovunque eppure sembrano invisibili, come se conoscessero ogni pietra della città. C’è qualcosa di profondamente poetico nella loro presenza. In loro si concentra la calma in mezzo al caos, il mistero dietro ogni angolo, la bellezza che non ha bisogno di esibizione.

La mia fotografia: un ritratto rubato tra i vicoli

Durante una delle mie esplorazioni fotografiche a Trastevere, mi sono imbattuto in una scena che sembrava uscita da un racconto. Un gatto tigrato con petto bianco, seduto con l’eleganza di un nobile antico, in una cassetta di plastica foderata con un panno a righe. Intorno a lui, il caos della città sembrava sparito. Solo lui, la luce del pomeriggio, e la mia macchina fotografica.

Ho scattato la foto con la mia fidata Fuji X-T2 e l’obiettivo Fujifilm XF18-55mm F2.8-4R LM OIS WR. Le impostazioni erano: ISO 100, 22,3mm, 0EV, f/3.2, 1/60s. Ho scelto un’esposizione neutra e un’apertura relativamente ampia per mantenere il soggetto nitido e il fondo leggermente sfocato, creando un distacco naturale tra il gatto e il contesto urbano alle sue spalle.

Descrizione dello scatto

Il gatto è colto di profilo, lo sguardo vigile e assorto rivolto a destra, come se stesse seguendo un passante o stesse riflettendo su qualcosa di invisibile ai nostri occhi. Il suo pelo corto, tigrato e lucido contrasta magnificamente con il tessuto a quadretti e con la griglia della cassetta. Alle sue spalle si intravedono alcuni alberi, muri segnati dal tempo e una finestra che riflette la luce. La scena è interamente in bianco e nero, scelta che rafforza l’atmosfera sospesa e senza tempo. Ho voluto che questa immagine raccontasse il legame tra l’urbano e i gatti di Roma, tra la città e i suoi abitanti più misteriosi.

In fondo, i gatti di Roma sono un pezzo del suo cuore. E fotografarli è, ogni volta, un piccolo atto d’amore verso questa città infinita.

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