I murales di Ostia: quando il muro diventa racconto

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I murales di Ostia: quando il muro diventa racconto
Cosa sono i murales, da dove nasce questa forma d’arte e qual è la differenza tra vandalismo e arte urbana? In questo articolo ti porto tra i muri di Ostia per raccontarti un murale potente, una fotografia in bianco e nero e il significato profondo della street art in Italia.

Passeggiando tra le vie meno turistiche di Ostia, mi sono imbattuto in un murales che mi ha letteralmente costretto a fermarmi. Era imponente, spigoloso, ironico e insieme rabbioso. Un volto fumettoso con una mazza in mano, tracciato con linee forti su una parete vissuta, quasi scrostata. In quel momento ho sentito l’urgenza di fotografarlo, ma anche di raccontare tutto ciò che un murale può significare.

I murales sono una forma d’arte urbana, ma anche una dichiarazione di presenza. Non nascono per essere appesi o protetti dietro un vetro, non si trovano dentro un museo. I murales sono lì, tra la gente, sui muri delle nostre città. Parlano a chiunque abbia voglia di ascoltare, senza bisogno di inviti o biglietti. Sono arte pubblica, gratuita, visibile e, spesso, destinata a essere temporanea. Ma proprio per questo, sono anche tra le forme artistiche più autentiche.

La cultura che c’è dietro

Dietro ogni murales non c’è solo un disegno. C’è una cultura profonda, stratificata, a volte invisibile se ci si ferma alla superficie. La street art, di cui il muralismo è una delle espressioni più riconoscibili, nasce dal bisogno di comunicare fuori dai canali tradizionali. Spesso si accompagna a movimenti politici, a rivendicazioni sociali, a urgenze collettive o personali. È una voce che si imprime nel cemento perché non vuole essere ignorata.

La cultura dei murales affonda le radici in una visione collettiva. Non è arte solitaria, anche quando firmata da un singolo autore. È arte che si confronta con lo spazio urbano, che dialoga con chi ci vive, che a volte provoca, disturba, scuote. Ed è proprio questa la sua forza. Un murale può nascere per denunciare un’ingiustizia, per ridare dignità a un quartiere, per raccontare una storia dimenticata o per celebrare un’identità.

Da dove nasce il muralismo

Le origini del muralismo, come lo conosciamo oggi, vanno cercate in America Latina, in particolare nel Messico post-rivoluzionario. Qui, agli inizi del Novecento, artisti come Diego Rivera, José Clemente Orozco e David Alfaro Siqueiros iniziarono a dipingere muri pubblici con lo scopo di educare e ispirare le masse. Le loro opere erano vere e proprie narrazioni collettive, cariche di simbolismo e di riferimenti storici.

Questo spirito si è poi diffuso in tutto il mondo, contaminandosi con le culture locali, con le sottoculture urbane, con il graffitismo e l’hip hop. In Italia, il muralismo ha cominciato a fiorire dagli anni Settanta, spesso legato ai movimenti studenteschi e alle occupazioni. Negli anni Duemila ha vissuto una nuova esplosione, con artisti che hanno trovato nei muri delle città il loro spazio di espressione privilegiato.

La differenza tra imbrattamento e arte

Una delle domande più frequenti che mi sento fare, quando parlo di murales, è: ma non è solo vandalismo? Non è solo qualcuno che rovina muri altrui? La risposta, come sempre, dipende dal contesto. Certo, esistono tag frettolose, scritte illeggibili, firme che si limitano a macchiare superfici. Ma il muralismo è un’altra cosa. Lo scarabocchio non è un murales è sicuramente vandalismo.

Un murales ha una composizione, un messaggio, una visione. È il frutto di un lavoro pensato, spesso condiviso con la comunità locale. A volte è autorizzato, altre volte no, ma ciò che lo distingue da un semplice imbrattamento è l’intenzione. Laddove c’è un gesto creativo, consapevole, che vuole dialogare con l’ambiente circostante, allora siamo di fronte a un’opera.

I grandi esponenti italiani dei murales

L’Italia ha una scena artistica urbana davvero ricca e variegata. Uno dei primi nomi che cito sempre è Blu, artista bolognese di fama internazionale, noto per i suoi interventi di grande impatto visivo e concettuale. Le sue opere non sono mai semplici decorazioni: sono vere e proprie narrazioni politiche, ironiche, spiazzanti.

Poi c’è Ericailcane, con i suoi animali antropomorfi che sembrano usciti da un incubo illustrato. Alice Pasquini porta invece una sensibilità diversa, più intima, fatta di ritratti delicati, spesso femminili, che parlano di emozioni. Non posso non citare Jorit Agoch, napoletano, maestro dell’iperrealismo murale, che ha trasformato intere facciate in icone viventi. E infine c’è Hitnes, che fonde arte e natura in una sinfonia visiva affascinante.

I murales più famosi in Italia

Nel nostro Paese esistono veri e propri musei a cielo aperto. A Napoli il murales di Maradona è diventato un simbolo popolare e identitario. A Roma il Quadraro ospita una delle più grandi collezioni di street art della capitale, grazie al progetto MURo. A Palermo, il volto di Falcone e Borsellino sul muro della scuola dello Zen è una delle immagini più potenti del nostro immaginario civile.

Ma ci sono anche piccoli centri come Dozza, in Emilia-Romagna, e Orgosolo, in Sardegna, che hanno fatto del muralismo un’identità culturale locale, rendendolo parte integrante del paesaggio urbano. Poi ci sono veri e propri esperimenti come Sant’Arcangelo di Roccalvecce dove l’intero paese è diventato un racconto fiabesco fatto con i murales.

Roccalvecce

Lo scatto a Ostia: tra cemento e ribellione

E arriviamo allo scatto che ha ispirato questo articolo. Mi trovavo a Ostia, lontano dai lidi estivi, in una zona dove il cemento racconta storie. Camminando tra palazzi e vialetti, ho visto un murale che sembrava sbucato da un fumetto noir. Un personaggio tozzo, arrabbiato, con una bombetta calcata in testa e una mazza in mano. Aveva la forza visiva di un manifesto, ma anche la malinconia di un’anima in pena.

Ho deciso di scattare in bianco e nero per dare ancora più forza al contrasto tra la linea del disegno e la parete. Ho usato la mia Nikon D5000 con un obiettivo Sigma 70-300mm F4-5.6 DG Macro HSM, impostando ISO 200, 100mm, 0EV, f/8, 1/250s. La luce era quella giusta, morbida ma direzionale, perfetta per far risaltare la texture del muro e i dettagli delle crepe. Ogni granello, ogni sbavatura del cemento, ogni pennellata diventava parte della narrazione.

Descrizione della foto

Nell’immagine, il personaggio centrale è al tempo stesso comico e inquietante. Ha l’aria di un gangster da cartoon, ma qualcosa nei suoi occhi lo rende umano, fragile. Impugna la mazza come se fosse pronto a difendersi o a vendicarsi, ma intorno a lui il mondo è fatto di macerie grafiche, di blocchi e detriti che sembrano esplodere dal muro.

A sinistra compaiono le firme degli autori: More 83, Skorp, Onem. In basso, la mia: @Emanuele Bompadre, testimone di un momento che ho voluto fermare non solo con la macchina fotografica, ma anche con lo sguardo e con l’anima.

E sopra tutto questo, come spesso accade, il quotidiano. Le finestre, i balconi, i fili del bucato. È questo il bello dell’arte urbana: si infiltra nel reale, lo sovverte, lo racconta da un’altra angolazione. Ogni muro può parlare, basta sapere come ascoltarlo.

E ogni scatto, a volte, può diventare una storia da condividere.

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