Il Duomo di Orvieto e le statue dei quattro evangelisti

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Il Duomo di Orvieto e le statue dei quattro evangelisti
Il duomo di Orvieto raccontato attraverso le sue meraviglie scolpite: un viaggio tra arte, simbolismo e fotografia per scoprire le statue dei quattro evangelisti che dominano la sua imponente facciata.

Ogni volta che torno a Orvieto, sento una specie di emozione familiare. Sarà che questa città, arroccata sopra una rupe di tufo, ha qualcosa di sospeso, quasi irreale. Mi capita spesso di arrivare in treno, salire con la funicolare e poi camminare piano fino a Piazza Duomo, dove mi aspetta Il Duomo di Orvieto, con tutta la sua maestosa bellezza. È un percorso che conosco a memoria, eppure ogni volta mi sembra di viverlo per la prima volta.

Quando il Duomo di Orvieto mi appare davanti agli occhi, il tempo si ferma. È come se la città si fosse messa il suo abito più bello solo per me. La facciata dorata, i mosaici che cambiano colore a seconda della luce, le guglie che si slanciano verso il cielo… tutto parla di bellezza assoluta. Lo ammetto, la prima volta che l’ho visto sono rimasto in silenzio per qualche minuto. E non capita spesso, perché di solito quando viaggio non sto mai zitto: commento, scrivo, fotografo. Ma davanti a quella facciata, ho sentito il bisogno di stare fermo, con la testa in su e il cuore pieno.

Il Duomo di Orvieto è accessibile gratuitamente se si vuole solo visitare la navata centrale, ma per me vale sempre la pena prendere il biglietto completo. Oltre alla chiesa, include la Cappella di San Brizio, decorata con affreschi incredibili di Luca Signorelli, e anche il Museo dell’Opera del Duomo, che custodisce opere d’arte e dettagli architettonici originali. È un biglietto che ti regala un’immersione completa nella storia e nell’arte di Orvieto. Come faccio spesso, ho acquistato in anticipo sul sito ufficiale www.opsm.it, così da non rischiare di trovare troppa gente e godermi ogni istante con calma Il Duomo di Orvieto.

Orvieto e il suo Duomo: un viaggio tra cielo e tufo

Il Duomo di Orvieto e gli Evangelisti

Una delle cose che più mi affascinano del Duomo è il suo linguaggio nascosto. Il Duomo di Orvieto non è solo un edificio religioso: è un libro scolpito nella pietra, pieno di simboli da decifrare. E tra questi, ci sono quattro figure che mi hanno sempre colpito: le statue che rappresentano i simboli degli evangelisti.

Sono posizionate in alto, sopra i portali della facciata, e ognuna di loro ha una potenza iconografica che ti arriva dritta allo stomaco. Quando ho iniziato a interessarmi alla simbologia cristiana, ho scoperto che ogni evangelista è associato a un’immagine precisa: San Giovanni è rappresentato da un’aquila, San Marco da un leone, San Luca da un bue, e San Matteo da un angelo. Questi simboli hanno origini antiche e sono stati utilizzati per secoli nell’arte sacra, ma qui a Orvieto, grazie alla maestria di Lorenzo Maitani, prendono vita in modo straordinario.

L’aquila di San Giovanni, in particolare, mi ha sempre ipnotizzato. La prima volta che l’ho vista davvero, con lo sguardo del fotografo e non del semplice visitatore, ho avuto la sensazione che potesse spiccare il volo da un momento all’altro. Le sue ali sono spiegate, il becco è aperto, gli artigli afferrano l’aria con una tensione che sembra reale. È un simbolo di elevazione, di visione profetica, ma anche di forza e di coraggio. Mi sono fermato a lungo sotto di lei, cercando l’angolazione giusta per immortalarla.

Lo scatto: la mia Nikon, la luce perfetta e l’aquila che prende forma

Quando viaggio, porto sempre con me la mia fedele Nikon D5000. È una fotocamera che ha visto con me mezza Italia e qualche pezzo d’Europa. Per questo scatto ho montato il mio obiettivo Sigma 70-300mm F4-5.6 DG Macro HSM, che mi permette di avvicinarmi anche ai dettagli più inaccessibili. E l’aquila, posta in alto sulla facciata, meritava proprio quel tipo di inquadratura.

Ho impostato ISO 200, perfetto per le condizioni di luce che avevo quel giorno: era una mattina luminosa, con il sole che filtrava tra le nuvole e accarezzava la pietra con delicatezza. Il mio obiettivo era tutto esteso a 300mm per comprimere la prospettiva e rendere la figura dell’aquila ancora più imponente. Ho scelto un’apertura f/5,2, sufficiente per mantenere nitido il soggetto e lasciare che lo sfondo restasse morbido. Il tempo di scatto era 1/125s, abbastanza veloce per evitare qualsiasi micromosso, dato che stavo scattando a mano libera.

Ero emozionato. Perché quando fotografi un dettaglio come questo, sai di avere pochi istanti per cogliere la magia. Ho respirato, ho scattato, e ho subito capito che quella foto avrebbe raccontato più di mille parole.

La potenza dell’aquila: una foto che racconta una storia

Nel mio lavoro di travel blogger e fotografo, capita spesso di scattare centinaia di foto e poi sceglierne solo una o due. Ma con questa è stato diverso. Appena ho rivisto la foto sullo schermo della fotocamera, ho sentito un brivido. L’aquila sembrava viva. I dettagli delle piume, la tensione nei muscoli scolpiti, il becco socchiuso: tutto contribuiva a renderla tridimensionale, quasi tangibile, Il Duomo di Orvieto è anche questo.

Ho deciso subito che l’avrei trasformata in bianco e nero. Non per mancanza di colore, ma perché a volte il colore distrae. Volevo che l’occhio si concentrasse solo sulle linee, sulle ombre, sulla materia. Così ho fatto una post-produzione minima, solo per esaltare i contrasti e lasciare che la scultura parlasse da sé.

Quella foto ora fa parte della mia collezione personale. Ogni volta che la guardo, torno con la mente lì, in quella piazza, con la testa all’insù e la macchina fotografica stretta tra le mani.

Orvieto, tra pietra e sapori

Dopo aver scattato la foto e immortalato Il Duomo di Orvieto, mi sono concesso una lunga passeggiata per la città. Ogni angolo racconta una storia. I vicoli stretti, i balconi fioriti, le botteghe artigiane… c’è un’aria di autenticità difficile da trovare altrove. Mi sono fermato in una piccola trattoria a conduzione familiare. Il profumo che usciva dalla cucina era irresistibile.

Ho ordinato un piatto di umbrichelli fatti a mano con tartufo e un bicchiere di Orvieto Classico, il vino bianco che ha reso famosa questa zona. Il sapore era intenso, corposo, e perfettamente equilibrato. Mi sono lasciato andare, ho chiuso gli occhi e ho ascoltato il rumore delle forchette, le risate dei turisti, il suono delle campane in lontananza. In quei momenti capisci cosa significa davvero viaggiare.

Dopo aver visto Il Duomo di Orvieto e aver pranzato, non potete non fare una visita ad una delle attrattive più visitare di Orvieto, il famoso pozzo. Ma attenzione perché la discesa è semplice ma per risalire servirà parecchia energia.

Il pozzo di San Patrizio

Un invito a rallentare e guardare in alto

Prima di andare via, sono tornato un’ultima volta in piazza davanti Il Duomo di Orvieto. Ho riguardato la facciata, cercando gli altri evangelisti. Ho salutato mentalmente l’aquila e ho pensato a quanto sia importante rallentare perché troppo spesso visitiamo i luoghi con lo sguardo basso, persi nei telefoni o nei pensieri. Ma la bellezza, quella vera, spesso sta sopra di noi. E aspetta solo che qualcuno la guardi.

Se passerai da Orvieto, ti invito a visitare Il Duomo di Orvieto e cercare l’aquila. Alza lo sguardo, resta fermo qualche minuto. Respira. E se hai con te una macchina fotografica, prova a immortalarla. Ma fallo con calma. Perché ci sono storie che si raccontano solo a chi ha il tempo di ascoltarle.

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