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ToggleSe c’è un posto dove il mistero si fa materia, quello è la casa infinestrabile di Ferentino. Un nome che sembra uscito da un racconto di Lovecraft o da una puntata di X-Files, eppure esiste davvero, nel cuore della Ciociaria. Una costruzione anomala, dimenticata dal tempo e divorata dalle leggende. E io ci sono stato. Con la macchina fotografica pronta, un po’ di incoscienza nello zaino e quella fame di storie che solo certi luoghi riescono a saziare. E poi è sempre una bella opera architettonica da ammirare.
Un edificio nato già sbagliato
Siamo al chilometro 68.700 della via Casilina, tra Ferentino e Anagni. Da fuori potrebbe sembrare solo una vecchia villa di campagna caduta in rovina. Ma basta uno sguardo per capire che qui c’è qualcosa che non torna. Tutte le finestre – tutte – sono murate, spente, vuote. E il soprannome “infinestrabile” non è una trovata giornalistica: è un dato di fatto. Ogni tentativo di installare infissi all’infinestrabile fallisce. I vani sembrano cambiare forma, misure, proporzioni. Roba da far impazzire ingegneri e operai. Alcuni, si dice, hanno mollato il lavoro dopo aver sentito voci provenire dai muri o visto oggetti spostarsi da soli.
Non esistono certezze sulla sua costruzione dell’infinestrabile. Forse anni ’30, forse poco più tardi. Qualcuno la vuole teatro di efferati crimini durante la Seconda Guerra Mondiale, usata dai nazisti come punto di controllo. Da lì, il buio. Nessun utilizzo, nessun padrone certo, solo abbandono e mistero.
Una leggenda nera (e sempre viva)
La casa infinestrabile ha collezionato leggende come un museo dell’occulto. Si parla di due amanti ritrovati carbonizzati nei pressi dell’edificio. Di un uomo che si sarebbe impiccato all’interno. Di luci che si accendono da sole. E poi ci sono le finestre, ovviamente: ogni volta che si cerca di metterne una, accade qualcosa. Vetri che esplodono, misure che non coincidono più, rumori che fanno fuggire anche i più temerari.
Il più inquietante dei racconti? Quello secondo cui la casa si “difende”. Rifiuta gli sguardi, si chiude come una creatura vivente. E quando la osservi troppo a lungo, hai l’impressione che l’iinfinestrabile stia osservando te. Una sorta di edificio senziente, nato per rimanere cieco. O forse, per non farti vedere cosa c’è dentro.
Come arrivare (e se vale la pena farlo)
Ferentino dista circa un’ora e mezza da Roma, uscita omonima sull’autostrada A1. La casa è visibile lungo la via Casilina, ma non cercarla su Google Maps: non ha un vero nome ufficiale, né indicazioni. I locali la conoscono, ma non tutti vogliono parlarne. C’è chi la evita, chi ci scherza sopra e chi cambia discorso. Per trovarla, basta rallentare nei pressi del chilometro giusto e seguire l’istinto – e la vibrazione strana che ti coglie quando ti avvicini.
Ferentino, tra sacro e profano
E non pensare che Ferentino sia solo la casa infinestrabile. Il suo centro storico è un gioiello poco valorizzato, con mura ciclopiche di epoca romana che ti lasciano a bocca aperta, un’acropoli sospesa nel tempo, l’Abbazia di Santa Maria Maggiore e il Duomo dei Santi Giovanni e Paolo. Luoghi che parlano di millenni di storia, dove l’energia si sente sotto i piedi. E nei dintorni? Alatri con la sua acropoli megalitica, Anagni con la Cattedrale e la cripta affrescata, Veroli con il Santuario della Scala Santa. Una Ciociaria tutta da riscoprire.
Lo scatto che ho realizzato (e quello che racconta)
Ho portato con me la fidata Fuji X-T2 con il versatile Fujifilm XF18-55mm F2.8-4R LM OIS WR. Quando sei davanti a un soggetto come l’infinestrabile, non servono mille lenti: serve occhio, rispetto e un pizzico di coraggio. Ho scelto 42mm, ISO 200, esposizione a +0,3 EV, diaframma f/5 e tempo di scatto 1/160s. Era una giornata cupa, cielo carico, luce morbida ma pesante. Ideale per scattare in bianco e nero, per togliere ogni distrazione e lasciare solo le linee, i volumi, le assenze.
La composizione è centrale, perché questa casa vuole essere guardata in faccia. Lo scatto restituisce quel senso di ordine apparente e follia latente. Ogni finestra è un buco nero, ogni muro è un confine tra mondi. In post ho lavorato solo sulle ombre, per dare tridimensionalità senza perdere quell’atmosfera sospesa.
Un consiglio fotografico
Quello che vedi qui sotto è un altro scatto che ho realizzato, ed è forse ancora più potente. Stavolta ho aspettato che le nuvole si addensassero, creando una cupola quasi apocalittica sopra il tetto. La simmetria è disturbante, il vuoto delle finestre quasi claustrofobico. Se vuoi fotografare L’infinestrabile, portati un cavalletto leggero, lavora in manuale e prova più esposizioni. Il segreto è lasciar fare alla casa: ti dice lei da che angolo vuole essere ritratta.
E se ti capita di avvertire un brivido dietro la nuca mentre stai mettendo a fuoco, non ti voltare subito. Aspetta. Scatta. E solo dopo guarda chi – o cosa – ti stava osservando.
Perché andarci? Perché no.
L’infinestrabile non è solo un edificio. È un’esperienza. È uno di quei luoghi dove la fotografia diventa scusa per esplorare l’ignoto. Non ci trovi risposte, ma domande. Non ci sono verità, ma mille storie da immaginare. E forse è proprio questo che ci affascina: l’idea che ancora oggi, in un mondo iperconnesso e ipercontrollato, esista un angolo dove la logica si arrende e inizia il mistero.
Se sei un viaggiatore curioso, un fotografo assetato di storie, o semplicemente qualcuno che ama farsi sorprendere, Ferentino ti aspetta. Ma ricordati: quando arrivi davanti all’infinestrabile, non cercare di capirla. Limitati a guardare. Se ti lascia fare.