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ToggleC’è qualcosa che mi spinge sempre a tornare. Forse è l’aria che sa di muschio e antichità, o forse il modo in cui il sole filtra tra i rami per accarezzare le tombe scavate nel tufo. San Giuliano non è un luogo da visitare una sola volta: è un luogo da ascoltare, da riscoprire. Ogni visita è un viaggio nuovo, ogni angolo custodisce un racconto che mi era sfuggito. Oggi vi porto con me ancora una volta in questa necropoli rupestre, ma con occhi diversi, con il silenzio come guida e l’obiettivo della mia fotocamera come compagno fidato.
Tra ombre e incisioni: cercando l’anima della roccia
Questa volta ho scelto un sentiero meno battuto. Mi sono lasciato alle spalle le tombe più famose, quelle che accolgono la maggior parte dei visitatori, e ho seguito le fenditure nel tufo, quei segni lasciati da secoli di pioggia e vento. Camminando tra le fronde, immerso nel verde profondo del bosco che protegge San Giuliano, ho raggiunto una parete rocciosa meno appariscente, ma di un fascino ipnotico.
Qui, incastonate nella pietra, appaiono delle aperture geometriche: piccole stanze scavate a mano, scolpite nella roccia come ferite nell’eternità. Due ingressi netti nella parte inferiore, sormontati da nicchie vuote, quasi a vigilare. Sono tombe, certo. Ma sono anche finestre su un tempo che non c’è più. Questo è San Giuliano.
Lo scatto: fermare il tempo nella pietra
Non ho esitato. Ho sistemato la Fuji X-T3, impostato il Fujifilm XF18-135mm alla lunghezza focale di 18mm, ISO 160, f/8, 1/250s e 0EV. Volevo catturare la crudezza e la potenza di quelle linee. Non cercavo una foto turistica, ma un ritratto della materia, del passaggio umano nella natura. Il contrasto netto del bianco e nero è stato una scelta obbligata: il colore avrebbe distratto, avrebbe reso tutto più gentile. Ma questo luogo non è gentile. È solenne, è duro, è autentico.
Descrizione della foto: volto antico nel tufo
La foto che ho scattato a San Giuliano e che vedete qui sopra ritrae un dettaglio che spesso sfugge a chi passa di fretta. Due ingressi rettangolari, scuri, come occhi spenti nella parete. Sopra, due rientranze parallele che sembrano labbra serrate. È quasi un volto, scolpito dal tempo e dalla mano umana. La luce taglia obliqua da destra, creando ombre profonde, scavando ulteriormente nella roccia già viva di sue venature.
Il bianco e nero esalta la grana del tufo, tipica delle tombe di San Giuliano, mette in risalto le asperità, le gocce pietrificate, i fori lasciati da radici antiche. La texture sembra quasi epidermide, una pelle arcaica. C’è una bellezza ruvida in questa immagine, la stessa che si può cogliere solo se si è disposti a fermarsi, ad ascoltare.
Un silenzio che racconta
Mentre scattavo, tutto intorno era silenzio. Un silenzio pieno. Nessun rumore umano, solo qualche fruscìo tra le foglie, un raggio che colpisce il muschio. In quel momento ho capito che la necropoli non è soltanto un luogo di morte: è un archivio di vite. Di mani che hanno scavato, di riti celebrati, di famiglie che hanno lasciato il loro segno nella roccia perché rimanesse per sempre. E forse, ironicamente, proprio questo restare per sempre ci parla oggi più che mai della fragilità del nostro passaggio.
Ritorni diversi: perché tornare a San Giuliano ha sempre senso
Ogni volta che torno a San Giuliano scopro qualcosa di nuovo. E non parlo solo di dettagli architettonici o informazioni storiche: parlo di sensazioni. Di modi diversi di percepire lo spazio, il tempo, la memoria. La prima volta ero colpito dalla vastità del sito, dalla ricchezza delle tombe. Oggi mi ha colpito la solitudine di una singola parete. Domani sarà un altro dettaglio a rapirmi.
È questo il segreto dei luoghi autentici: non si esauriscono mai. E se vi capita di visitare San Giuliano, vi consiglio di non correre. Prendetevi il tempo per perdervi. Lasciatevi guidare dai vostri passi, dai profumi del bosco, dalle ombre che si allungano sul tufo.
Fotografare la memoria
Portare la fotocamera qui non significa solo fare belle foto. Significa diventare testimoni. Raccontare con le immagini ciò che le parole a volte non riescono a esprimere. Inquadrare una tomba rupestre, scegliere la giusta esposizione, aspettare che la luce disegni il volume: tutto questo è un atto di rispetto verso la storia che ci sta davanti.
E ogni volta che scatto qui, sento di aggiungere un tassello personale alla grande storia di San Giuliano. Non per lasciare un segno, ma per portarne via uno. Un pezzo di memoria, custodito in un’immagine.
Non so quando tornerò a San Giuliano, ma so che tornerò
Ci sono luoghi che diventano parte di te. E ogni volta che li attraversi, ti attraversano. Questo articolo non è solo un racconto fotografico, è un invito: andateci. Guardate oltre la prima impressione. Fermatevi dove non si fermano tutti. E magari, portate con voi una macchina fotografica. Ma soprattutto, portate attenzione. Quella, più di qualsiasi obiettivo, saprà farvi vedere davvero.